1921 > 2021 FRAMMENTI DI STORIA
Seppur, dal 1921 fino al 1966, ne siano state corse solo quindici edizioni, il Circuito del Garda è stato tra i circuiti più amati dai bresciani, grazie ad un tracciato cittadino capace di richiamare folle entusiaste e la partecipazione dei principali protagonisti dell'automobilismo della propria epoca. Con base a Salò, il primo ciclo - nato con lo scopo di rilanciare il turismo dopo la Prima Guerra Mondiale - durò dal 1921 al 1927.
Il successo, negli anni Venti, fu immediato grazie a un circuito tra i più variegati e tecnici in assoluto nonché alla partecipazione di valenti piloti quali il “mantovano volante”, Tazio Nuvolari e, ad esempio, altri quattro futuri vincitori della 1000 Miglia: Ferdinando Minoia, Baconin Borzacchini, Emilio Romano e Clemente Biondetti.
Tra i campioni partecipanti in quel decennio vanno ricordati pure Eugenio Silvani, Guido Meregalli, Aymo Maggi, la baronessa Maria Antonietta Avanzo, Gastone Brilli Peri, Alfieri ed Ernesto Maserati e pure il “presidente” Franco Mazzotti.
Il tracciato, con partenza e arrivo a Salò, in direzione delle varie frazioni, Cunettone, proseguendo per Villa, i Tormini e Roè Volciano, riscendeva sul golfo di Salò utilizzando la vecchia strada napoleonica (tuttora esistente) tornando al traguardo dopo aver percorso poco più di dodici chilometri assai movimentati, con curve impegnative e vari tornanti. Nella prima edizione, il circuito doveva essere ripetuto sedici volte poi, dal 1922 al 1926, le tornate furono venti e infine, nel 1927, crebbero a venticinque.
L'ultima edizione del primo ciclo fu disputata nel 1927 per l’esigenza del neonato Automobile Club Brescia di concentrarsi su quella che sarebbe diventata la corsa su strada più famosa del mondo, la 1000 Miglia, anche perché il principale artefice dell’organizzazione del Circuito del Garda era quel Renzo Castagneto che sarebbe diventato il “patron”, il deus ex machina, della Freccia Rossa.
Il successo, negli anni Venti, fu immediato grazie a un circuito tra i più variegati e tecnici in assoluto nonché alla partecipazione di valenti piloti quali il “mantovano volante”, Tazio Nuvolari e, ad esempio, altri quattro futuri vincitori della 1000 Miglia: Ferdinando Minoia, Baconin Borzacchini, Emilio Romano e Clemente Biondetti.
Tra i campioni partecipanti in quel decennio vanno ricordati pure Eugenio Silvani, Guido Meregalli, Aymo Maggi, la baronessa Maria Antonietta Avanzo, Gastone Brilli Peri, Alfieri ed Ernesto Maserati e pure il “presidente” Franco Mazzotti.
Il tracciato, con partenza e arrivo a Salò, in direzione delle varie frazioni, Cunettone, proseguendo per Villa, i Tormini e Roè Volciano, riscendeva sul golfo di Salò utilizzando la vecchia strada napoleonica (tuttora esistente) tornando al traguardo dopo aver percorso poco più di dodici chilometri assai movimentati, con curve impegnative e vari tornanti. Nella prima edizione, il circuito doveva essere ripetuto sedici volte poi, dal 1922 al 1926, le tornate furono venti e infine, nel 1927, crebbero a venticinque.
L'ultima edizione del primo ciclo fu disputata nel 1927 per l’esigenza del neonato Automobile Club Brescia di concentrarsi su quella che sarebbe diventata la corsa su strada più famosa del mondo, la 1000 Miglia, anche perché il principale artefice dell’organizzazione del Circuito del Garda era quel Renzo Castagneto che sarebbe diventato il “patron”, il deus ex machina, della Freccia Rossa.
Perché i tornanti delle “Zette” e le strette strade di Salò tornassero a vedere sfrecciare le automobili del Circuito del Garda si dovette attendere il 1948: si trattò di un ritorno di enorme valore tecnico e sportivo con una corsa per macchine Sport e una, attesissima,
per le vetture dette a "formula libera" alla quale presero parte le monoposto della categoria Grand Prix.
La stagione 1948 fu la terza edizione dei Gran Premi dopo la Seconda Guerra Mondiale, nella quale per la prima volta fu utilizzata la nuova denominazione “Formula 1”: la prima delle tre gare del secondo ciclo del Circuito del Garda fu una quindi una sorta di anticipazione di quelle che due anni più tardi diventeranno ufficialmente i Gran Premi del campionato del mondo di Formula 1.
La stagione 1948 fu la terza edizione dei Gran Premi dopo la Seconda Guerra Mondiale, nella quale per la prima volta fu utilizzata la nuova denominazione “Formula 1”: la prima delle tre gare del secondo ciclo del Circuito del Garda fu una quindi una sorta di anticipazione di quelle che due anni più tardi diventeranno ufficialmente i Gran Premi del campionato del mondo di Formula 1.
Grazie all’apertura avvenuta negli anni Trenta della statale gardesana, l’attuale SS45 bis, il percorso fu rivisto, allungato e invertito rispetto al precedente senso di marcia orario, potendo transitare a monte del centro abitato di Salò, dove fu collocato il traguardo. Così, partendo in direzione Tormini, dopo aver percorso in senso antiorario il vecchio percorso - affrontando quindi in discesa i temibili tornanti delle Zette - e aver superato il centro di Salò, le vetture in gara non svoltavano più a sinistra per risalire lungo la vecchia strada napoleonica verso Roè Volciano, ma proseguivano diritto verso Barbarano per poi compiere un’inversione di marcia in
località Brolo, immettendosi sulla statale gardesana e ripassare sul traguardo.
Lungo questo nuovo tracciato di 16,400 km, da ripetere per diciotto giri, per un totale 295,2 km, Nino Farina dominò la corsa portando la Ferrari 125 F1 con compressore al suo primo successo in assoluto. Fu una vittoria benaugurante per la Casa del Cavallino e il suo fulgido futuro in F1 e pure per Nino Farina che, nel 1950, diventerà il primo Campione del Mondo di F1, al volante di un’Alfa Romeo.
Nel 1949, il regolamento cambiò nuovamente, riservando la corsa alle Formula 2. Il percorso rimase invariato, ma i giri furono ridotti ad otto, portando la distanza totale a 131,2 km.
Se il protagonista assoluto di quell’anno fu Gigi Villoresi, trionfatore sulla sua Ferrari 166 F2, a suscitare ammirato stupore fu uno sconosciuto giovanotto inglese, alla sua prima competizione all’estero. Il ventenne londinese che seppe salire sul podio, piazzandosi inaspettatamente terzo assoluto dietro a due Ferrari, guidava una bizzarra macchinetta poco più grande di un go-kart; questo ragazzotto dalla capigliatura incolta e assai folta (ma ancora per poco) risultava allora essere un illustre sconosciuto, non solo per i bresciani. Tuttavia, anche se nessuno avrebbe potuto immaginarlo, proprio nella città Leonessa d’Italia, sei anni più tardi, sarebbe assurto a imperitura e planetaria gloria, arrivando non solo a vincere la 1000 Miglia, ma pure stabilendo nel 1955 l’imbattuto record della corsa. Il suo nome era Stirling Moss, anche se nei comunicati ufficiali il nome e il cognome furono invertiti. Con la sua Cooper 9 motorizzata Jap, il futuro campione britannico fu protagonista di una gara indimenticabile che entusiasmò il pubblico, ovviamente dominando la classe 1100 cc.
Lungo questo nuovo tracciato di 16,400 km, da ripetere per diciotto giri, per un totale 295,2 km, Nino Farina dominò la corsa portando la Ferrari 125 F1 con compressore al suo primo successo in assoluto. Fu una vittoria benaugurante per la Casa del Cavallino e il suo fulgido futuro in F1 e pure per Nino Farina che, nel 1950, diventerà il primo Campione del Mondo di F1, al volante di un’Alfa Romeo.
Nel 1949, il regolamento cambiò nuovamente, riservando la corsa alle Formula 2. Il percorso rimase invariato, ma i giri furono ridotti ad otto, portando la distanza totale a 131,2 km.
Se il protagonista assoluto di quell’anno fu Gigi Villoresi, trionfatore sulla sua Ferrari 166 F2, a suscitare ammirato stupore fu uno sconosciuto giovanotto inglese, alla sua prima competizione all’estero. Il ventenne londinese che seppe salire sul podio, piazzandosi inaspettatamente terzo assoluto dietro a due Ferrari, guidava una bizzarra macchinetta poco più grande di un go-kart; questo ragazzotto dalla capigliatura incolta e assai folta (ma ancora per poco) risultava allora essere un illustre sconosciuto, non solo per i bresciani. Tuttavia, anche se nessuno avrebbe potuto immaginarlo, proprio nella città Leonessa d’Italia, sei anni più tardi, sarebbe assurto a imperitura e planetaria gloria, arrivando non solo a vincere la 1000 Miglia, ma pure stabilendo nel 1955 l’imbattuto record della corsa. Il suo nome era Stirling Moss, anche se nei comunicati ufficiali il nome e il cognome furono invertiti. Con la sua Cooper 9 motorizzata Jap, il futuro campione britannico fu protagonista di una gara indimenticabile che entusiasmò il pubblico, ovviamente dominando la classe 1100 cc.
Nel 1950, la corsa tornò ad essere disputata sulla distanza di diciotto giri, per 295,2 km totali; sempre con una Ferrari 166 F2, a vincere sarà Alberto Ascari. Vincere a Salò in quegli anni doveva portare fortuna: anche Ascari, come Villoresi, diverrà un futuro vincitore della 1000 Miglia.
L’organizzazione di una gara con la chiusura per un intero fine settimana di oltre sedici chilometri di strada in una delle zone a maggior vocazione turistica della provincia di Brescia, con ristoranti, alberghi e moltissime seconde case era naturalmente assai complessa e il Circuito del Garda dovette subire un nuovo arresto, dopo aver visto tra i partecipanti di questo secondo ciclo campioni quali Mario Tadini, Dorino Serafini, Hans Stuck, Giulio Cabianca, Lance Macklin, Felice Bonetto, Luigi Fagioli, Franco Cortese, Umberto Maglioli e Giovanni Bracco.
A far riecheggiare nel golfo di Salò l’urlo dei motori da corsa sarà la tenacia di Renzo Castagneto, affiancato da Angelo Maifredi, che negli anni precedenti aveva ricoperto vari ruoli in seno all’Automobile Club di Brescia e nell’organizzazione della 1000 Miglia.
Come per la ripartenza della 1000 Miglia del 1947, il ruolo chiave fu ancora una volta quello del sindaco di Brescia, Bruno Boni, che riuscì a far ottenere al suo caro amico Castagneto le autorizzazioni necessarie alla chiusura delle strade gardesane.
Prese quindi via un ciclo che vide, al volante di Formula Junior prima e Formula 3 in seguito, schierarsi al via del Circuito del Garda piloti di una certa fama e altri destinati a un radioso futuro: Joseph Siffert, Colin Davis, Jo Schlesser, Silvio Moser, JonathanWilliams e gli italiani Carlo Facetti, Mario Casoni, Ludovico Scarfiotti, Sandro Uberti, Clay Regazzoni, Ernesto Brambilla, Geki Russo, Oddone Sigala, Mario Poltronieri, Andrea De Adamich, Odoardo Govoni, Nanni Galli, tutti a sfidare i “locali” Vincenzo Nember, Sandro Uberti, Domenico Lo Coco, Domenico Ogna, Angelo Caffi, Gianfranco Stanga, Giancarlo Sala, Luciano Dal Ben e “Pam”, l’indimenticato Marsilio Pasotti.
L’organizzazione di una gara con la chiusura per un intero fine settimana di oltre sedici chilometri di strada in una delle zone a maggior vocazione turistica della provincia di Brescia, con ristoranti, alberghi e moltissime seconde case era naturalmente assai complessa e il Circuito del Garda dovette subire un nuovo arresto, dopo aver visto tra i partecipanti di questo secondo ciclo campioni quali Mario Tadini, Dorino Serafini, Hans Stuck, Giulio Cabianca, Lance Macklin, Felice Bonetto, Luigi Fagioli, Franco Cortese, Umberto Maglioli e Giovanni Bracco.
A far riecheggiare nel golfo di Salò l’urlo dei motori da corsa sarà la tenacia di Renzo Castagneto, affiancato da Angelo Maifredi, che negli anni precedenti aveva ricoperto vari ruoli in seno all’Automobile Club di Brescia e nell’organizzazione della 1000 Miglia.
Come per la ripartenza della 1000 Miglia del 1947, il ruolo chiave fu ancora una volta quello del sindaco di Brescia, Bruno Boni, che riuscì a far ottenere al suo caro amico Castagneto le autorizzazioni necessarie alla chiusura delle strade gardesane.
Prese quindi via un ciclo che vide, al volante di Formula Junior prima e Formula 3 in seguito, schierarsi al via del Circuito del Garda piloti di una certa fama e altri destinati a un radioso futuro: Joseph Siffert, Colin Davis, Jo Schlesser, Silvio Moser, JonathanWilliams e gli italiani Carlo Facetti, Mario Casoni, Ludovico Scarfiotti, Sandro Uberti, Clay Regazzoni, Ernesto Brambilla, Geki Russo, Oddone Sigala, Mario Poltronieri, Andrea De Adamich, Odoardo Govoni, Nanni Galli, tutti a sfidare i “locali” Vincenzo Nember, Sandro Uberti, Domenico Lo Coco, Domenico Ogna, Angelo Caffi, Gianfranco Stanga, Giancarlo Sala, Luciano Dal Ben e “Pam”, l’indimenticato Marsilio Pasotti.
Nel 1961, a soli cinquantotto anni, scomparve il conte Aymo Maggi, vincitore delle edizioni del 1925 e 1926 nonché uno dei “Quattro Moschettieri” ideatori della 1000 Miglia, insieme a Franco Mazzotti, Renzo Castagneto e Giovanni Canestrini. Pochi mesi più tardi, morì pure Angelo Maifredi.
Fu così che Renzo Castagneto, nel 1962, per celebrare la memoria dei due amici scomparsi, decise di istituire due premi, introducendo nella gara una seconda categoria. La gara delle Formula Junior, già intestata a uno sponsor, divenne “Trofeo Caltex- Aymo Maggi” mentre la novità fu costituita da una gara per vetture Gran Turismo della classe 1000 cc, denominata “Coppa Angelo Maifredi”.
Nel 1963, l’esperienza delle due categorie, Formula Junior e GT, fu ripetuta mentre nel 1964 corsero solo le Formula 3. Nel 1965, il Circuito del Garda non fu disputato per le crescenti difficoltà organizzative. L’Automobile Club Brescia riuscì infine a rimettere nel calendario sportivo l’edizione del 1966, nuovamente riservata esclusivamente alle monoposto di Formula 3.
Per tutto il ciclo degli anni Sessanta, il percorso rimase invariato, come negli anni dal 1948 al 1950. A variare furono i numeri dei giri e l’introduzione di due batterie e una finale.
Le difficoltà di chiudere Salò e una buona porzione della viabilità gardesana, su un lungo percorso di 16,4 km, compreso un tratto della statale SS45 bis, erano divenute pressoché insormontabili. Tenuto poi conto dei frequenti confronti con il più celebre Circuito di Montecarlo nel Principato di Monaco, il futuro della gara gardesana poteva avere come unico sbocco una riduzione del tracciato, circoscrivendolo a Salò ed evitando il blocco della statale, cosa che comportava l’isolamento di tutta la parte settentrionale del Lago di Garda, non esistendo strade alternative.
Fu così che Renzo Castagneto, nel 1962, per celebrare la memoria dei due amici scomparsi, decise di istituire due premi, introducendo nella gara una seconda categoria. La gara delle Formula Junior, già intestata a uno sponsor, divenne “Trofeo Caltex- Aymo Maggi” mentre la novità fu costituita da una gara per vetture Gran Turismo della classe 1000 cc, denominata “Coppa Angelo Maifredi”.
Nel 1963, l’esperienza delle due categorie, Formula Junior e GT, fu ripetuta mentre nel 1964 corsero solo le Formula 3. Nel 1965, il Circuito del Garda non fu disputato per le crescenti difficoltà organizzative. L’Automobile Club Brescia riuscì infine a rimettere nel calendario sportivo l’edizione del 1966, nuovamente riservata esclusivamente alle monoposto di Formula 3.
Per tutto il ciclo degli anni Sessanta, il percorso rimase invariato, come negli anni dal 1948 al 1950. A variare furono i numeri dei giri e l’introduzione di due batterie e una finale.
Le difficoltà di chiudere Salò e una buona porzione della viabilità gardesana, su un lungo percorso di 16,4 km, compreso un tratto della statale SS45 bis, erano divenute pressoché insormontabili. Tenuto poi conto dei frequenti confronti con il più celebre Circuito di Montecarlo nel Principato di Monaco, il futuro della gara gardesana poteva avere come unico sbocco una riduzione del tracciato, circoscrivendolo a Salò ed evitando il blocco della statale, cosa che comportava l’isolamento di tutta la parte settentrionale del Lago di Garda, non esistendo strade alternative.
Fu così che per l’anno successivo fu ideato un nuovo tracciato, in senso orario, che per la prima volta contemplava il lungolago di Salò, dove sarebbe stato collocato il traguardo. Il percorso utilizzava poi le strade interne, transitando da Campoverde e via Panoramica, per raggiungere la sommità delle Zette e scendere nuovamente verso il lungolago. Per misura di sicurezza, lungo i celebri tornanti delle Zette non si sarebbe potuto sorpassare. ACI Brescia annunciò quindi il “Primo Trofeo Esso - Coppa Aymo Maggi”, in calendario per domenica 28 maggio 1967.
Pochi giorni prima della gara, l’Automobile Club di Brescia fu costretto a comunicare la sospensione della gara, a causa dell’impossibilità, nel breve tempo antecedente il via, di adempiere alla richiesta dell’autorità sportiva, la CSAI, Commissione Sportiva Automobilistica Italiana, di approntare 1.600 km di guard-rail metallico sul lungolago, nei pressi della partenza.
L’inasprimento delle norme di sicurezza, dopo che il progetto del XVI Circuito del Garda era stato precedentemente approvato dalla CSAI, fu provocato dall’enorme sensazione sollevata dalla morte del pilota Lorenzo Bandini, caduto tragicamente al volante della sua Ferrari durante il Gran Premio di F1 a Montecarlo, il 10 maggio di quell’anno.
Fu questo l’ultimo atto della storia della più importante corsa automobilistica bresciana in circuito; ironia della sorte, la fine derivò dalla tragedia avvenuta sulla pista monegasca, alla quale i bresciani si ispiravano e con la quale, in cuor loro, speravano un giorno di potersi confrontare.
Fu una vera sfortuna perché il tracciato salodiano avrebbe potuto ambire a diventare un importante circuito cittadino, che non avrebbe avuto nulla da invidiare - né per qualità tecniche né per cornice paesaggistica - agli altri più celebri circuiti urbani automobilistici.
Pochi giorni prima della gara, l’Automobile Club di Brescia fu costretto a comunicare la sospensione della gara, a causa dell’impossibilità, nel breve tempo antecedente il via, di adempiere alla richiesta dell’autorità sportiva, la CSAI, Commissione Sportiva Automobilistica Italiana, di approntare 1.600 km di guard-rail metallico sul lungolago, nei pressi della partenza.
L’inasprimento delle norme di sicurezza, dopo che il progetto del XVI Circuito del Garda era stato precedentemente approvato dalla CSAI, fu provocato dall’enorme sensazione sollevata dalla morte del pilota Lorenzo Bandini, caduto tragicamente al volante della sua Ferrari durante il Gran Premio di F1 a Montecarlo, il 10 maggio di quell’anno.
Fu questo l’ultimo atto della storia della più importante corsa automobilistica bresciana in circuito; ironia della sorte, la fine derivò dalla tragedia avvenuta sulla pista monegasca, alla quale i bresciani si ispiravano e con la quale, in cuor loro, speravano un giorno di potersi confrontare.
Fu una vera sfortuna perché il tracciato salodiano avrebbe potuto ambire a diventare un importante circuito cittadino, che non avrebbe avuto nulla da invidiare - né per qualità tecniche né per cornice paesaggistica - agli altri più celebri circuiti urbani automobilistici.